Il progetto V.A.Mo.Nos nasce dalla collaborazione tra associazioni che da anni vivono l’area urbana compresa nell’ambito Adriano – Padova – Rizzoli nella sua complessità e contraddittorietà.
Le associazioni individuate dalla capogruppo sono attive nella zona con l’offerta ai residenti di modalità alternative per la gestione dei conflitti, attenti alle problematiche sociali e alle diversità culturali basate sul confronto, la conoscenza e il rispetto reciproco. Il progetto intende, infatti, contrapporsi alla logica, sempre più spesso imperante, della conflittualità e dell’opposizione delle parti tra loro.
Contesto storico e culturale
L’area urbana sopra citata è composta da quartieri molto diversi tra loro, caratterizzati dalla convivenza di economie, società, culture e religioni differenti che, inevitabilmente, creano problematiche conflittuali latenti e che sempre più spesso sfociano in modo dirompente ed esplosivo in conflitti aperti che producono drammatici e dolorosi effetti su tutti coloro che abitano nella zona.
La complessità della situazione deriva dalle stratificazioni degli insediamenti in questi luoghi, caratterizzati dalle diverse epoche del Novecento: l’afflusso dapprima dei contadini poveri dalle campagne lombarde, poi delle famiglie degli operai in massa dal Sud, infine delle provenienze della povertà globale con, annessi, i fenomeni sempre più crescenti dell’economia informale e illegale della sopravvivenza.
Questa complessità e le tante differenze che la caratterizzano configurano non solo convivenze stratificate, ma anche conflittuali tra cittadini milanesi o lombardi di origine, gruppi di famiglie emigrate dalle regioni dell’Italia del Sud, persone e famiglie immigrate più recentemente dai Paesi europei ed extraeuropei in corrispondenza di flussi migratori di differente natura ed origine. Questi cittadini sono oggettivamente avvicinati e soggettivamente allontanati allo stesso tempo da problemi comuni che si devono misurare con la crescente scarsità di risorse, soprattutto in termini di Lavoro, Casa e Salute; con i processi di identità e di appartenenza; con l’assenza di legami familiari forti e vicini; con le difficoltà di costruzione di nuovi punti di riferimento; con i toni scuri dell’inserimento pratico, sociale e culturale nella comunità allargata; con le fatiche del confronto con l’altro; con fenomeni di resistenza, di paura e di esclusione.
Obiettivi
Con il presente progetto si intende sperimentare e implementare lo sviluppo di azioni/spazi mentali ricreativi, culturali e sociali associabili al progressivo recupero di spazi urbani periferici in quel nuovo modello di welfare sociale, che ponga alla base del proprio intervento il benessere delle persone nei principali contesti di vita e di relazione, che promuova e sostenga la socialità, la relazionalità, la reciprocità e la cooperazione tra le persone e le diverse agenzie che abitano e animano il territorio; come valorizzazione delle comunità naturali e come costruzione delle comunità artificiali. Tale finalità sarà perseguita attraverso un lavoro intensivo, locale e di rete che coinvolgerà fin dall’inizio i cittadini, gruppi formali e informali, i servizi e le agenzie.
Sul piano delle nuove forme di welfare ci sembra, infatti, che sia necessario raccogliere la sfida e farsi carico del difficile compito di cui parla Aldo Bonomi (Comunitas, 2010): “provare a concretizzare una nuova idea di cooperazione sociale capace di assumere un nuovo ruolo e di cogliere una nuova, grande, responsabilità: “perché questi sono i tempi della cooperazione sociale”…”…siamo in una nuova transizione epocale: il lavoro fluido e flessibile di oggi richiama in causa il tema dell’auto organizzazione sociale, della cultura e della mutualità tra le persone della comunità. Mutualità e cooperazione tra le persone che va sostenuta e co-costruita con una logica nuova al centro della quale deve collocarsi l’inclusione sociale e il benessere delle persone e di tutti i gruppi. Il compito dei dirigenti delle cooperative è quello di mettersi in rete e di essere solidali, costruendo piattaforme intermedie per la costruzione di comunità “artificiali”.
La vera sfida diventa, quindi, quella di sperimentare nuove iniziative e nuovi modelli capaci di “fare comunità”, di connettere reti informali e formali, tesi a mostrare quali condizioni siano possibili per sviluppare nuove forme di socialità, di convivenza, di vita. In tale ottica particolare attenzione sarà dedicata a favorire e facilitare il dialogo, l’ascolto reciproco, l’integrazione e la coesione tra i diversi gruppi di migranti e gli altri abitanti della zona, convivenza che si sta delineando sempre più difficile e problematica in questa zona del territorio milanese.
Metodologia e strumenti
Per facilitare e promuovere tale integrazione si utilizzerà il modello teorico CO.RE. (Comunità Riparative e Relazionali, dott.ssa Patrizia Patrizi, Università di Sassari): tale modello nasce nell’ambito della Giustizia Riparativa ma, è particolarmente utile e calzante per leggere e intervenire in realtà così complesse, dove le difficoltà di dialogo e comunicazione sembrano a volte insormontabili. Questo modello prevede la presenza di operatori esperti che sappiano facilitare il dialogo con le diverse componenti della comunità locale e che sappiano muoversi in contesti spesso degradati, dove le persone sono più resistenti e diffidenti allo sviluppo di relazioni e legami sociali.
Per attuare il modello di welfare sopra descritto si agirà su tre linee di intervento strettamente interrelate tra loro:
1.MEDIAZIONE DEI CONFLITTI: favorendo e promuovendo processi di mediazione dei conflitti sociali nei luoghi e nei contesti del quartiere più esposti alle contrapposizione tra soggetti e gruppi differenti; attivazione di gruppi di lavoro finalizzati a “riparare” piccoli danni materiali prodotti da atti di vandalismo o dall’aggressività esplosa durante i conflitti interpersonali o tra gruppi (parchi, ambienti scolastici, aree pubbliche, parchi giochi per bambini). Queste attività saranno utili non solo per prendersi fattivamente cura dei danni materiali prodotti dai conflitti, ma anche per dare visibilità alla cittadinanza di come sia utile un approccio partecipato alla gestione riparativa dei conflitti.
2.LAVORO DI RETE E ANIMAZIONE DI TERRITORIO: attivazione e interconnessione con la rete formale e non presente nei quartieri; la composizione del partenariato, garantirà lo sviluppo di interventi e azioni multidisciplinari e partecipate, che esisteranno anche nella realizzazione di attività specifiche finalizzate al coinvolgimento di specifici gruppi.
3. SPAZI DI ASCOLTO E RESILIENZA: attivazione di spazi di ascolto e condivisione a supporto delle situazioni di insidiosa fragilità: co-costruzione di contesti e opportunità in grado di attivare e sostenere processi di resilienza, che consentano alle persone, alle famiglie, ai gruppi, all’intera comunità di far fronte in maniera positiva alle situazioni di crisi, sperimentando aspetti diversificati del proprio sé, sviluppando nuove competenze e abilità e raggiungendo importanti obiettivi di cambiamento e di benessere.